Cosa è il pemfigoide delle mucose e chi colpisce
Il pemfigoide delle mucose comprende un gruppo eterogeneo di malattie bollose autoimmuni croniche subepiteliali che coinvolgono prevalentemente le mucose e occasionalmente la pelle tra le quali il pemfigoide cicatriziale, il pemfigoide orale o il pemfigoide oculare (Chan et al, 2002; Xu et al, 2013). Alcune di queste denominazioni dipendono dall’area coinvolta dalle lesioni in prevalenza o in maniera esclusiva. Il pemfigoide delle mucose è una malattia i cui primi sintomi non sono specifici, per cui spesso non è riconosciuta nella prima fase. Fin ad oggi non è chiara la sua incidenza: un recente studio condotto nel Regno Unito ha calcolato essere pari a 0,8 casi per anno per milione di abitanti (Radford et al, 2012). In Francia e in Germania, invece, è stata stimata un’incidenza di 1,3-2,0 casi per milione per anno (Bernard et al, 1995; Bertram et al, 2009). Colpisce prevalentemente le donne con una età di comparsa che varia tra 51–62 anni (Ahmed et al, 1986; Silverman et al, 1986), anche se sono stati segnalati casi nell’età della prima infanzia. Non esiste una predilezione razziale o geografica nota.
Sintomi e caratteristiche cliniche del pemfigoide delle mucose
Il pemfigoide delle mucose è caratterizzato da lesioni bollose principalmente sulle mucose: le aree comunemente coinvolte sono la mucosa orale (85% dei pazienti), seguita da congiuntiva oculare (65%), mucosa nasale (20-40%), area anogenitale e/o faringe (20%), laringe (5-15%) ed esofago (5-15%) (Chan, 2001). La pelle sembra essere coinvolta nel 25-30% dei casi; in particolare si possono trovare bolle sul viso, collo e cuoio capelluto, che possono dare prurito e sanguinamento se traumatizzate. A seconda delle zone interessate dalla malattia, i sintomi e le caratteristiche cliniche del pemfigoide delle mucose possono cambiare. Nella cavità orale le bolle si formano prima sulle gengive vicino ai denti, per poi coinvolgere palato, lingua, labbra, mucosa buccale, pavimento della bocca e della gola. Tali bolle, insieme a dolorose ulcere, rendono difficile il nutrirsi, causando perdita di peso e carenze nutrizionali. Nei casi più gravi le lesioni possono formarsi anche nell’esofago, nella trachea e nella laringe, diventando pericolose per la vita.
Quando sono coinvolti gli occhi, si può avere congiuntivite, sensazione di dolore data dalla formazione di lesioni che guariscono lasciando tessuto cicatriziale, accorciamento delle fornici, neovascolarizzazione corneale, problemi di vista o cecità nei casi gravi (Xu et al, 2013). Il coinvolgimento della laringe e della trachea può portare all’ostruzione delle vie aeree, mentre il coinvolgimento della mucosa genitale a disfunzioni urinarie e/o sessuali (Marren et al, 1993; Lazor et al, 1996). Nel naso invece, si possono formare delle croste che creano disagio nell’atto del soffiarlo, mentre sui genitali si possono avere bolle dolorose, erosioni e gonfiore del clitoride, labbra e ano nelle donne, e del pene e dell'ano nei maschi. Le cicatrici possono portare a gravi deformazioni dei genitali e causare difficoltà e dolore nel passaggio dell'urina; le aderenze possono portare a restringimento o addirittura alla chiusura dell'orifizio vaginale.
Eziopatogenesi del pemfigoide delle mucose
Il pemfigoide delle mucose è una malattia autoimmune bollosa la cui patogenesi è complessa in quanto diversi sono gli antigeni implicati. Gli autoanticorpi circolanti IgG e/o IgA reagiscono contro le proteine presenti nella zona della giunzione dermo-epidermica, in particolare contro BP180 e BP230, le subunità α6 e β4 dell’integrina α6β4 (Carrozzo et al, 2004; Calabresi et al, 2007; Yeh et al, 2004) e la laminina-332. Il pemfigoide cicatriziale (oggi detto semplicemente pemfigoide delle mucose) è una variante che spesso coinvolge le mucose e la pelle, caratterizzata dalla formazione di cicatrici che possono generare numerose complicanze. Il pemfigoide cicatriziale anti-laminina 332 (un tempo detto anti-epiligrina) è caratterizzato da anticorpi rivolti verso questa proteina della membrana basale che interagendo con altre proteine della membrana basale (collagene VII) e dell’emidesmosoma (BP180 e integrina α6β4) contribuisce a determinare le caratteristiche strutturali della giunzione dermo-epidermica.
L’interazione degli autoanticorpi con questi antigeni innesca un evento immunologico che si traduce nell’espressione di mediatori dell’infiammazione che inducono la migrazione di linfociti, eosinofili, neutrofili e mastociti verso la membrana basale; questi tramite rilascio di enzimi proteolitici, causano il distacco dell’epitelio dal tessuto sottostante, con conseguente formazione della bolla (Eversole, 1996; Ahmed et al, 1986; Lazarova et al, 2000).
Diagnosi del pemfigoide delle mucose
In caso di sospetto di pemfigoide delle mucose, la diagnosi deve basarsi sull’osservazione clinica e sulla verifica di alcune caratteristiche immunopatologiche (Chan et al, 2002). Per l'esame istopatologico è necessario fare una biopsia sia di tessuto lesionale che perilesionale. Il primo tipo di campione tissutale verrà fissato con formalina, incluso in paraffina e colorato con ematossilina ed eosina per le analisi istopatologiche di routine che, in caso di malattia, fanno osservare la bolla subepiteliale propria del pemfigoide delle mucose, con un infiltrato infiammatorio di eosinofili, linfociti e neutrofili. In parallelo, l’analisi del tessuto adiacente ad una nuova bolla tramite immunofluorescenza diretta mostra una deposito lineare di IgG e/o un componente del complemento (C3), e talvolta di IgA, lungo la giunzione dermo-epidermica.
Un’altra indagine diagnostica è l’immunofluorescenza indiretta, utilizzata per rivelare autoanticorpi circolanti in campioni di siero di paziente. E’ eseguita su un substrato epiteliale, quale esofago di scimmia, cute o mucosa umana. Questo saggio evidenzia il legame alla giunzione dermo-epidermica di IgG e/o IgA circolanti presenti nel siero del paziente. Più sensibile e informativo è il saggio di immunofluorescenza indiretta su cute separata ottenuta mediante immersione della cute in soluzione salina. Questa cute permetterà di evidenziare il legame degli autoanticorpi sul versante epidermico o epidermico e dermico, confermando la diagnosi di pemfigoide delle mucose, o sul versante solo dermico, suggerendo una diagnosi di pemfigoide delle mucose anti-laminina 332 che è presente nel versante dermico del distacco. Sul versante epidermico le immunoglobuline sieriche legano soprattutto il BP180, molto meno il BP230 e l’integrina α6β4, (Xu et al, 2013). Altri possibili saggi diagnostici da poter eseguire sono il saggio di immunoassorbimento legato ad enzima (ELISA) basato su altre regioni del BP180 non presenti nel saggio commerciale (Mariotti et al, 2004; Izumi et al, 2016). I pazienti con malattia grave dovrebbero essere sottoposti a valutazione di salute generale in quanto l'ulcerazione della bocca e dell'esofago rende difficile l’alimentazione causando possibili carenze nutrizionali.
Trattamento del pemfigoide delle mucose
Lo scopo principale del trattamento è quello di bloccare la formazione di bolle, promuovere la guarigione e prevenire le cicatrici. Il pemfigoide delle mucose è una malattia particolarmente difficile da trattare riguardando spesso localizzazioni e mucose diverse.
A questo proposito sono necessari diversi medici specialisti in grado di occuparsi dell’assistenza del paziente tenendo conto dei diversi distretti coinvolti dalla malattia.
Il trattamento dei pazienti dipende dalla gravità della malattia e dai siti coinvolti. I pazienti cosiddetti "a basso rischio", cioè quelli con coinvolgimento solo della mucosa orale e/o della pelle, possono essere trattati con terapie topiche nelle fasi iniziali per poi combinarle con terapie sistemiche nelle fasi più avanzate. Invece i pazienti "ad alto rischio", cioè con coinvolgimento anche delle altre mucose, necessitano direttamente di una terapia sistemica più aggressiva (Xu et al, 2013).
Il trattamento locale è dettato dagli organi coinvolti: bocca, naso e pelle hanno bisogno di regolari cure dentistiche comprese le misure di igiene dentale, sciacquo topico con ciclosporina, uso di steroidi topici sotto forma di creme o pomate o paste e di soluzioni per risciacqui, iniezioni di steroidi intra-lesionali. Per gli occhi è possibile usare un collirio a base di corticosteroidi o la chirurgia per eliminare le aderenze. Per lesioni nell’esofago, trachea, laringe, invece, è consigliata una dieta con alimenti morbidi o sotto forma di purea, l’uso di steroidi topici e la dilatazione delle stenosi. Per vulva, vagina e ano si può applicare frequentemente emolliente grasso come la vaselina; corticosteroide topico locale; crema estrogenica per via intra-vaginale; utilizzare i dilatatori vaginali per prevenire aderenze e ricorrere alla chirurgia per dividere le aderenze quando gravi. Quest’ultima deve essere seguita da un uso intenso di corticosteroidi e dilatatori topici per prevenire il ripetersi di aderenze.
- Il trattamento sistemico del pemfigoide delle mucose prevede l’utilizzo di dapsone, in pazienti non gravi, il cui dosaggio iniziale è di 50 mg/die, per poi aumentarlo alla dose efficace tra i 100 e 200 mg/die dopo aver verificato che il paziente non abbia sviluppato una significativa anemia in seguito alle prime settimane di trattamento (Sollecito and Parisi, 2005). I pazienti devono essere attentamente monitorati durante il periodo di assunzione del farmaco in quanto il dapsone può dare gravi effetti collaterali, quali emolisi e metaemoglobinemia di cui sono a maggior rischio i pazienti con deficit della deidrogenasi glucosio-6-fosfato, enzima coinvolto nel metabolismo dei globuli rossi. La sindrome da ipersensibilità al dapsone è un'altra potenziale complicanza, caratterizzata da febbre, linfoadenopatia, danno epatico e pustole eritematose generalizzate. Gli effetti collaterali negativi possono essere ridotti con l'uso del farmaco antistaminico cimetidina e vitamina E (Rhodes et al, 1995; Kelly et al, 1984). Nel caso in 3 mesi non si sia ottenuto un risultato è opportuno passare ad altre opzioni terapeutiche (Chan et al, 2002).
I corticosteroidi (1-1,5 mg/kg/die) hanno una rapida azione e sono in genere usati in combinazione ad altri farmaci (ciclofosfamide o azatioprina) in modo da ridurne il dosaggio e aumentarne l’efficacia soprattutto in pazienti con malattia grave (Chan et al, 2002); il loro uso a lungo termine può causare diversi effetti collaterali quali iperglicemia, ipertensione, iperlipidemia, osteoporosi, ulcera gastrica, infezione secondaria, alterazioni dell'umore o psicosi. Questi effetti possono essere minimizzati tramite un attento monitoraggio ed un uso di strategie preventive (Moghadam-Kia and Werth, 2010). L’integrazione di calcio e vitamina D è fortemente consigliata per prevenire la perdita ossea; inoltre i bifosfonati possono essere utilizzati per prevenire e trattare l’osteoporosi indotta dall’assunzione dei glucocorticoidi (Pereira et al, 2012).
Ciclofosfamide (1-2 mg/kg/die) esercita un effetto immunosoppressivo, riducendo il numero di linfociti e la produzione di anticorpi. La ciclofosfamide con o senza corticosteroidi, ha una rapida efficacia nei pazienti con pemfigoide delle mucose di grave entità (Musette et al, 2001). La dose totale di ciclofosfamide deve essere determinata in base alla progressione della malattia e il grado degli effetti avversi accusati dai pazienti.
Azatioprina è solitamente utilizzata come terapia adiuvante ai corticosteroidi ed ha un effetto massimo dopo 8-12 settimane mentre i corticosteroidi possono ridurre l’infiammazione più rapidamente. Prima di iniziare il trattamento, i pazienti devono essere sottoposti a screening per la tiopurina metiltransferasi in quanto un suo deficit li rende inclini a sviluppare mielosoppressione.
Altre opzioni terapeutiche possono basarsi su:
- Micofenolato mofetile il cui uso in combinazione con i corticosteroidi ha fatto registrare un migliorato effetto per la cura delle malattie bollose autoimmuni della pelle (Staines and Hampton, 2012).
- Metotrexato (MTX): sebbene sia un farmaco ben tollerato dalla maggior parte dei pazienti, l’assunzione orale è moderatamente efficace per ridurre l’attività infiammatoria e l’uso dei corticosteroidi. La monoterapia con basse dosi di MTX è raccomandata come trattamento di prima linea per le forme di lieve e moderata entità del pemfigoide cicatriziale oculare (McCluskey et al, 2004). MTX è stato ben tollerato dalla maggior parte dei pazienti.
- Ciclosporina: non sempre la ciclosporina sembra essere efficace nel controllare il pemfigoide delle mucose ma è utile per ridurre l’infiammazione e la dose dei corticosteroidi.
- Farmaci biologici: è stato dimostrato che i farmaci biologici possono essere efficaci per la cura di una ampia varietà di malattie mucocutanee. Nel caso del pemfigoide delle mucose risulta avere successo l’uso dell’etanercept, inibitore del fattore di necrosi tumorale umano (TNFα), indicato per i pazienti che non tollerano farmaci immunosoppressivi aggressivi (Canizares et al, 2006); oppure il rituximab, anticorpo monoclonale chimerico anti-CD20 diretto contro le cellule pre-B e le cellule B mature, da solo o in combinazione con immunoglobuline per via endovenosa, in grado di arrestare la progressione della malattia e prevenire la totale cecità in pazienti affetti da pemfigoide oculare cicatriziale (Foster et al, 2010).
- Minociclina, un antibiotico di tipo tetraciclina, usato come alternativa sicura per i pazienti affetti da pemfigoide delle mucose per il suo potente potere anti-infiammatorio ed azione immunosoppressiva. Suoi effetti collaterali includono nausea, vomito, vertigini, fotosensibilità e iperpigmentazione. Diversi studi hanno dimostrato che la terapia combinata con tetraciclina e nicotinammide, derivato della vitamina B3, risulta efficace per la cura di pemfigoide delle mucose (Sakamoto et al, 2002).
- Immunoglobuline per via endovenosa (IVIG), sono state dimostrate efficaci come trattamento adiuvante per il pemfigoide delle mucose (Mignogna et al, 2008). IVIG esercitano effetti quali blocco del complemento, inibizione delle cellule B, clearance degli autoanticorpi tramite interazione con il recettore Fc ed alterazione della funzione delle cellule T. Può essere somministrata in combinazione con il rituximab e come monoterapia, quest’ultima efficace per la completa risoluzione dei sintomi delle lesioni laringee senza effetti collaterali (Iaccheri et al, 2004).
Oltre ai trattamenti farmacologici, un altro approccio è dato dal trattamento chirurgico che non cura il pemfigoide delle mucose ma può migliorare la qualità di vita dei pazienti con malattia inattiva; ad esempio permette di prevenire gravi complicanze come cecità (Cafaro et al, 2012), stenosi delle vie aeree, restringimenti all’altezza dell’esofago o anogenitali. Inoltre la terapia a basso livello è risultata efficace per il trattamento del pemfigoide con coinvolgimento della mucosa orale, mostrando un effetto promettente nella guarigione delle lesioni (Yilmaz et al, 2010).
Valutazione e monitoraggio del pemfigoide delle mucose
Il pemfigoide delle mucose è una malattia cronica progressiva che risponde lentamente e spesso in modo incompleto al trattamento; le remissioni spontanee sono rare (Di Zenzo et al, 2014). Di solito è richiesto un trattamento individualizzato a seconda della gravità della malattia, dei siti coinvolti e delle condizioni generali del paziente, ed un monitoraggio a lungo termine; inoltre è consigliata un'appropriata cura delle lesioni, importante per promuovere la guarigione e ridurre al minimo le cicatrici. Per valutare l’attività e il danno del pemfigoide delle mucose e verificare l’efficacia di un trattamento, si può ricorrere all’utilizzo di un sistema di misurazione validato a livello internazionale, quale il Mucous Membrane Pemphigoid Disease Area Index (MMPDAI) (Murrell et al, 2015).
Sperimentazioni cliniche di nuovi farmaci in corso per la cura del pemfigoide delle mucose
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