Pemfigo ad IgA

Cosa è il pemfigo ad IgA e chi colpisce

 

Il pemfigo ad IgA è stato descritto per la prima volta da Wallach e collaboratori nel 1982 con il nome di dermatosi pustolosa subcorneale ad IgA monoclonale (Wallach et al, 1982). Esistono due varianti cliniche di pemfigo ad IgA: la dermatosi pustolosa subcorneale e la dermatosi intraepidermica neutrofilica (Gengoux et al, 1992; Hashimoto et al, 1987; Wallach et al, 1982; Wallach, 1992; Chorzelski et al, 1991). Sebbene clinicamente le due forme abbiano aspetto simile, i bersagli antigenici sono diversi. Altri sinonimi sono stati usati per definire il pemfigo ad IgA come pustolosi ad IgA intraepidermica, pemfigo erpetiforme ad IgA e dermatosi vescicolosa intercellulare ad IgA. Il pemfigo ad IgA rientra nel gruppo delle malattie bollose autoimmuni intraepidermiche ed è una delle forme più rare di pemfigo. La sua frequenza non è attualmente definita e la sua incidenza tra le diverse razze non è nota (Porro et al, 2014). Sembra colpire in un’ampia fascia di età inclusa da 1 mese agli 85 anni (Robinson et al, 1999). 

 

Sintomi e caratteristiche cliniche del pemfigo ad IgA

 

Il pemfigo ad IgA è una malattia vescicolopustolosa in cui dapprima le lesioni cutanee, causate da acantolisi, appaiono come bolle tese, translucide e piene di liquido chiaro; successivamente a causa dell’accumulo dei neutrofili, si trasformano in pustole (Tsuruta et al, 2011) che tendono a coalizzarsi per formare uno schema circolare con possibili croste nell’area centrale. Talvolta è stato descritto un aspetto erpetiforme (Chorzelski et al, 1991). Le due forme di pemfigo ad IgA presentano talvolta una diversa localizzazione delle lesioni. Nella dermatosi pustolosa subcorneale l'eruzione pustolosa sterile coinvolge tipicamente le regioni flessorie del tronco e quelle delle estremità prossimali, e le bolle sviluppano sotto l’epidermide nello strato subcorneale, mentre nel pemfigo ad IgA di tipo intraepidermico neutrofilico le pustole sono presenti nell’epidermide più profonda e si dispongono caratteristicamente sul tronco con aspetto a girasole (Wallach, 1992; Wang et al, 1997). In generale i siti di predilezione colpiti sono le aree ascellari e inguinali, il tronco e gli arti prossimali. Generalmente non c’è coinvolgimento delle mucose e circa la metà dei pazienti avvertono prurito (Porro et al, 2014). 

 

Eziopatogenesi del pemfigo ad IgA

 

Sebbene non sia ancora chiaro il meccanismo tramite il quale le immunoglobuline di classe IgA producono lesioni cutanee, è noto che nella forma dermatosi pustolosa subcorneale gli autoanticorpi si legano alla proteina desmosomiale desmocollina 1 (Dsc1) (Ishii et al, 2004; Yasuda et al, 2000), mentre nella forma dermatosi intraepidermica neutrofilica sono stati descritti rari casi in cui le IgA legano le desmogleine 1 e 3 (Dsg1 e 3) (Zaraa et al, 2010). 

Ad oggi in letteratura non ci sono studi funzionali condotti per comprendere la fisiopatologia dell’acantolisi indotta dagli autoanticorpi di tipo IgA (Tsuruta et al, 2011). Una caratteristica chiave del pemfigo ad IgA sono gli autoanticorpi circolanti di tipo IgA che legano i recettori per le IgA sulla membrana dei monociti e dei granulociti stimolando quindi il reclutamento di quest’ultimi e la formazione di pustole (Carayannopoulos et al, 1996). L’esatto meccanismo di formazione delle lesioni rimane da chiarire.

 

Diagnosi del pemfigo ad IgA

 

La diagnosi di pemfigo ad IgA si ottiene mediante osservazione clinica e l’esame istologico di una biopsia cutanea. Questa analisi, permette di evidenziare una lieve acantolisi ed un’infiltrazione di neutrofili nell’epidermide (Hodak et al, 1990). Dato che non sempre è visibile l’acantolisi, è consigliabile eseguire prove di immunofluorescenza diretta usando sezioni di pelle perilesionale che rivelano il deposito di IgA nella regione di contatto cellula-cellula. In alcuni casi è stato osservato anche un lieve deposito di IgG o del componente C3 del complemento.

Altre indagini diagnostiche che rilevano ed identificano gli autoanticorpi circolanti nel sangue sono l’immunoflorescenza che testa il siero di paziente su vari substrati quali pelle umana, esofago di scimmia o altri epiteli alla ricerca di un marcaggio intercellulare, il saggio di immunoassorbimento legato ad un enzima (ELISA) e l’immunoblotting che evidenziano antigeni bersaglio come desmogleine e desmocolline (Tsuruta et al, 2011). È disponibile un ELISA commerciale per valutare la reattività delle desmogleine, ma la valutazione della reattività verso le desmocolline è riservata a saggi di diagnostica avanzata disponibili solo in centri specializzati.

 

Trattamento farmacologico del pemfigo ad IgA

 

Dato il numero limitato dei casi di pemfigo ad IgA, non è facile definire un trattamento efficace. Generalmente si somministrano ai pazienti corticosteroidi orali e topici per ridurre l’infiammazione (Camisa et al, 1998), diminuendo la permeabilità capillare e riducendo l’attività dei neutrofili (McLeish et al, 1986; Williams et al, 1987) e la produzione di autoanticorpi (Zurier et al, 1973). Tuttavia, i corticosteroidi orali possono dare effetti collaterali quali ulcera gastrica, osteoporosi, fratture ossee, insufficienza surrenalica e diabete (Dequeker et al, 1999). E' stata segnalata una buona risposta al dapsone che è in grado di ridurre l’infiltrazione di neutrofili (Yasuda et al, 2000); altri farmaci utili per il trattamento del pemfigo ad IgA sono, l’isotretinoina (Gruss et al, 2000) e l’acitretina (Ruiz-Genao et al, 2002). Recentemente sono stati usati l’anticorpo monoclonale adalimumab e l’immunosoppressore micofenolato mofetile, già noti per essere efficaci per il trattamento del pemfigo classico (Howell et al, 2005). L’azatioprina, comunemente usato come immunosoppressore nel pemfigo, invece, non è risultato essere un trattamento efficace per il pemfigo ad IgA (Wallach, 1992). 

 

Prognosi del pemfigo ad IgA

 

Il pemfigo ad IgA è più lieve rispetto al classico pemfigo ma i dati clinici relativi alla sua prognosi sono ancora limitati (Tsuruta et al, 2011). Essendo una malattia che istopatologicamente si manifesta all’interno dell’epidermide, generalmente non lascia cicatrici dopo guarigione. I principali problemi che possono determinare la prognosi sono effetti collaterali causati dall’assunzione dei corticosteroidi, e gli agenti immunosoppressivi. In alcuni pazienti il prurito è un sintomo importante e può rappresentare un problema per la conduzione della vita quotidiana. In alcuni casi sono state osservate recidive di lesioni dopo la cessazione del trattamento o la riduzione del dosaggio del farmaco, associate a gammopatie maligne ad IgA o ad altre forme tumorali: in questi casi la prognosi è correlata alla neoplasia (Hashimoto et al, 1987).

 

Sperimentazioni cliniche di nuovi farmaci in corso per la cura del pemfigo ad IgA

 

 

Referenze

 

  • Camisa C, Warner M. Treatment of pemphigus. Dermatol Nurs 1998;10:115-8, 23-31
  • Carayannopoulos L, Hexham JM, Capra JD. Localization of the binding site for the monocyte immunoglobulin (Ig) A-Fc receptor (CD89) to the domain boundary between Calpha2 and Calpha3 in human IgA1. J Exp Med 1996;183:1579-86
  • Chorzelski TP, Beutner EH, Kowalewski C et al. IgA pemphigus foliaceus with a clinical presentation of pemphigus herpetiformis. J Am Acad Dermatol 1991;24:839-44
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  • Zurier RB, Weissman G. Anti-immunologic and anti-inflammatory effects of steroid therapy. Med Clin North Am 1973;57:1295-307


 

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